Una locuzione latina, mille gusti, e milioni di discussioni inutili

Quando il latino ti ricorda di farti i fatti tuoi… con stile. Tra tutte le perle della saggezza latina, “De gustibus non est disputandum” è probabilmente quella che dovrebbe essere stampata su ogni maglietta, tatuata su ogni avambraccio e proiettata su ogni commento Facebook.
Letteralmente significa: “Sui gusti non si deve discutere”, ma nella pratica moderna si traduce con:
“Se ti piace l’ananas sulla pizza, non posso salvarti, ma non posso neanche giudicarti. Ufficialmente.”
Una frase antica per zittire le polemiche moderne
Non sappiamo con certezza chi abbia coniato questa perla diplomatica – probabilmente un romano stufo di sentirsi dire che il garum (una salsa di pesce fermentato) non era poi così buono.
La frase appare in contesti eruditi sin dal Medioevo, anche se affonda le radici nella filosofia stoica, che già predicava la relatività dei giudizi. In sintesi: quello che per te è oro, per un altro è immondizia. E viceversa.
Questa locuzione era perfetta per il mondo romano, dove già si discuteva animatamente di vini campani vs. vini gallici, di forme di teatro greco e, perché no, delle mode stravaganti degli imperatori. Sì, anche a Roma c’era chi si lamentava del “declino del gusto”.

Ma allora perché litighiamo per l’ananas sulla pizza?
Perché, diciamocelo, “De gustibus” è il mantra che nessuno rispetta davvero. Basta aprire un social qualsiasi per trovare infinite guerre sante su:
- “Il ketchup va sulla pasta?” (spoiler: NO.)
- “Harry Potter è meglio di Il Signore degli Anelli?”
- “Ma gli occhiali da sole al chiuso proprio no!”
E ogni volta, tra un flame e l’altro, c’è sempre quello che sussurra: “De gustibus…”. Ma ormai è tardi. Le tastiere sono calde, l’orgoglio ferito, e la diplomazia gettata nella raccolta indifferenziata.
Il gusto è personale, ma il giudizio è universale (purtroppo)
La verità è che amare qualcosa implica inevitabilmente il rischio di essere giudicati. Che tu ami i film francesi in bianco e nero, le telenovelas messicane o i ravioli col cioccolato, ci sarà sempre qualcuno pronto a dirti che hai un gusto pessimo.
Eppure, la bellezza della locuzione sta proprio nel ricordarci che il gusto è soggettivo, mutevole, e legato alla cultura, all’esperienza, al momento. Anche gli imperatori romani cambiavano palato da un banchetto all’altro: oggi uva e miele, domani lingue di fenicottero. Il concetto di “buono” era – ed è – un moving target, e discutere su questo è, come direbbe Seneca, tempo perso (ma detto in latino, con molta più autorità).

In conclusione: rilassiamoci
Quindi, la prossima volta che ti viene voglia di correggere qualcuno per i suoi gusti musicali, letterari o gastronomici, pensa a Cicerone che mangia garum, respira profondamente e ripeti con saggezza:
De gustibus non est disputandum.
Poi cambia argomento. Oppure offri del vino. Almeno su quello potreste mettervi d’accordo.
Vuoi stampare questa frase sul grembiule da cucina, sul profilo Tinder o sulla porta del frigorifero?
Fai pure. Tanto, se a qualcuno non piace… de gustibus, no?